La targhetta di identificazione dei droni professionali sarà un semplice codice a barre. Obbligatoria dal 1° Luglio
L’ Ing. Cardi dell’ ENAC al convegno STASA sui droni presso la Camera dei Deputati ha riferito che l’obbligo di identificazione dei droni ad uso professionale in vigore dal 1 luglio potrà essere assolto applicando una targhetta costituita da un codice a barre che permetterà l’identificazione del drone soltanto quando sarà a terra e non in volo. Di seguito il resoconto di un convegno molto interessante
targhetta elettronica droni
Argomenti di notevole interesse riguardanti i mezzi aerei a pilotaggio remoto quelli che si sono affrontati la settimana scorsa presso la Camera dei Deputai al convegno STASA, un evento a cui Quadricottero News ha dato il patrocinio gratuito.
Per l’occasione, l’ing. Alessandro Cardi, recentemente nominato special advisor del presidente ENAC, ha dichiarato che continuerà a seguire il settore dei SAPR e chiarito che l’obbligo di identificazione dei droni che scatterà a partire dal 1 luglio potrà essere assolto tramite un codice a barre da applicare al SAPR.
In questo modo l’identificazione potrà avvenire soltanto a terra e non in volo. “ Si potrebbe ovviare con un transponder e con un TCAS rispetto ad altri droni, ma sono tecnologie che al momento non sono presenti “ ha precisato Cardi. Una targhetta che potrebbe essere molto simile a quella che abbiamo riportato nella foto sopra soltanto a titolo di esempio e che riproponiamo sotto. Un QR Code in cui vi sono inseriti i dati dell’operatore ( leggibili anche con uno smartphone tramite app lettore qrcode ).
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Secondo il resoconto messo a disposizione dal Centro Studi Stasa che ringraziamo e riproponiamo in forma integrale, Cardi ha rassicurato che il Regolamento vigente è già orientato alla proposta europea e ha annunciato che a breve saranno messi in atto strumenti per semplificare l’iter delle dichiarazioni e, in generale, tempi più rapidi per l’espletamento di tutte le procedure. Ha chiarito diversi dubbi dei presenti per quello che riguarda le operazioni, ma ha anche evidenziato alcune linee di tendenze che sono al momento percorse per rendere il sistema più sicuro.
È interessante sapere che oggi in Italia, vi sono un migliaio di operatori riconosciuti, con una media di due o più droni per impresa. Il giro di affari che si sviluppa da questa attività si aggira intorno ai 350 milioni di euro/annuo nel nostro Paese. Per la concessione di frequenze radio di controllo, non è completamente nelle facoltà dell’ENAC, ma dipende soprattutto dalle decisioni dell’ITU, ente dell’ONU che stabilisce lo spettro di frequenze assegnabili.
L’ENAC si trova a dover rispettare un frame normativo che origina all’estero, come i cinque punti della Dichiarazione di Riga e la Technical opinion di EASA (cornice regolamentare per armonizzare le normative nazionali) che stabiliscono le linee guida per gli operatori che devono operare in medio rischio (se sono coinvolte persone, altri mezzi aerei).
Ciò che emerge come il reale vulnus della regolamentazione ENAC è il sistema sanzionatorio. Le multe di per sé non sono esose, ma difficili da applicare. ( ndr: nei mesi scorsi si sono svolti incontri per redigere il nuovo formulario delle sanzioni )
Laddove si vada a normare il campo del volo ludico di droni si entra nel campo dei diritti soggettivi e quindi c’è necessità di variare la legislazione per poter intervenire con un Regolamento ENAC, che come si deduce dall’analisi delle fonti del diritto, hanno una validità inferiori alle leggi primarie.
L’Ing. Cardi ha sottolineato anche che molti spunti propositivi illustrati dai parlamentari e contenuti nei rispettivi DDL, sono già allo studio del Regolatore ENAC.
Non si capisce, analizzando la regolamentazione attuale, se ci sono limitazioni all’emissione di autorizzazioni per persone che hanno precedenti penali o che non siano in possesso delle piene facoltà mentali.
Si possono così anche comprendere l’inizio dei primi conflitti di traffico in Italia, che hanno visto venti near miss l’anno scorso, otto dall’inizio dell’anno ad oggi.
Precedentemente,
Il dott. Bruno Barra, Presidente STASA e coordinatore del Convegno
, ha sottolineando come il mercato dei droni sia in continua espansione. Proprio per la loro versatilità di impiego. In ambito civile, commerciale e militare. In agricoltura, in security, nel monitoraggio in ogni ambito ambientale, sociale, produttivo, operativo (fotogrammetria, fotografie, videoriprese, vigilanza, protezione civile, edilizia, archeologia, ecc.). La potenzialità d’impiego è praticamente illimitata ma le problematiche associate all’uso non sono state ancora risolte.
E’ necessario, ha argomentato Barra, affrontare le operazioni dei droni in un quadro politico a livello europeo che consenta il progressivo sviluppo del mercato commerciale pur salvaguardando la sicurezza intesa come safety e come security e la privacy dei cittadini.
La mancanza di norme armonizzate in tutta Europa e di tecnologie certificate costituisce l’ostacolo principale per aprire il mercato dei droni e per l’integrazione degli stessi nello spazio aereo non segregato.
L’industria interessata sta invitando ad accelerare la creazione di un quadro normativo che consenta l’utilizzo dei droni. E’ il momento giusto per un’azione normativa a livello europeo, con l’inserimento di norme di sicurezza, di privacy e provvedimenti risarcitori.
Il Centro Studi STASA, ha aggiunto Barra, ha promosso questa iniziativa incentrata non tanto sul solito convegno ma su un foro di dibattito aperto tra tutti i protagonisti dell’aviazione di terza generazione per uno scambio corale di punti di vista che potrà servire ad adottare le soluzioni più adatte ad incrementarne l’utilizzazione in un sistema regolato e sicuro.
Il numero degli imprenditori coinvolti e l’industria italiana interessata, ha concluso Barra, sono in progressivo aumento e diventa fondamentale un obiettivo: una cultura aeronautica specifica. Per progettisti, costruttori, formatori e operatori.
LIBRO “I DRONI NEL VOLO DI TERZA GENERAZIONE – Normativa, istruzioni per l’uso, problemi e futuro”
Durante il convegno l’Ing. Nicola Genco ha presentato il suo libro sostenendo che la UE stima in 1,5 Mld €/anno la potenzialità di business economico del nuovo settore dei droni civili, oltre ad investimenti di 100 Mld €/20 anni, necessari per lo studio di sistemi avanzati per il controllo del traffico ai fini del netto miglioramento della sicurezza, della puntualità dei voli e dell’ambiente. Questo, attraverso una completa integrazione del traffico di tutti gli aeromobili (compreso i droni) con separazioni automatiche ed atterraggi assistiti in qualunque condizione atmosferica, ridisegno di aeromobili e carburanti, rimedio degli errori umani che costituiscono la maggior parte della causa di incidente. In pratica, l’esigenza di ridisegnare l’aviazione di terza generazione, ha precisato Genco, fornisce ai paesi europei una opportunità di business che in questo periodo di crisi va colta subito. In Italia, tuttavia, il promettente settore dei droni civili sembra trattenuto da remore, paure e mille interrogativi. La normativa per operare esiste, ha aggiunto l’autore, ma il settore non si sviluppa come dovrebbe e la maggior parte dei voli è illegale. Molti operano senza autorizzazione perché non conoscono la normativa, altri perché non la accettano in quanto ritenuta difficile o onerosa. Persino le sanzioni sono sproporzionate e non vi è alcun modo per esercitare controlli efficaci.
Lo scopo del libro “I DRONI NEL VOLO DI TERZA GENERAZIONE – Normativa, istruzioni per l’uso, problemi e futuro” (info libro droni), ha concluso Genco, è quello di fare chiarezza, sollevando le persone interessate dall’onere di approfondire la intricata normativa nazionale ed internazionale, attraverso spiegazioni strutturate e tabelle di pronto impiego. Vengono delineati ruoli e responsabilità degli addetti ai lavori (piloti, operatori, centri addestramento, consulenti, scuole, committenti di lavoro aereo con droni).
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La presentazione del libro ha messo in rilievo molti aspetti che l’opinione pubblica non percepisce ancora, ma che necessitano di essere regolati in modo serio ed efficace. Il suo apprezzato spunto di riflessione ha dato il via al dibattito, che ha visto alternarsi le esposizioni dei relatori agli interventi dalla platea.
Proprio partendo dall’esigenza di regolamentare questo nuovo ambito, si è posto all’attenzione dell’audience, in primo luogo il dilemma di quale tipo di normativa possa essere più adeguata a regolare tale fenomeno in continua evoluzione. Ci troviamo, infatti, di fronte a problematiche che la bioetica ha affrontato da qualche decennio, cioè il fatto che la scienza e la tecnologia permettono di fare delle cose che la morale e la legge non riescono a contestualizzare in modo tempestivo. Il motivo risiede in un paradosso di fondo. La materia è complessa ed in continua evoluzione, interessa attivamente o passivamente una pluralità di soggetti, vi è un notevole distacco tra percezione sociale ed effettivo livello di pericolosità potenziale delle operazioni. La richiesta, che da più parti emerge, di sancire norme chiare per questo ambito si scontra con la natura dinamica dell’ambiente aeronautico. Infatti, quanto più una norma è chiara e precisa, tanto più diviene rapidamente obsoleta.
A livello normativo è indispensabile piuttosto pretendere chiarezza su altri aspetti, che riguardano le definizioni. Ad esempio, che differenza c’è tra un giocattolo che vola, un aeromodello e un drone? Perché si fa riferimento al peso, quando la pericolosità dipende dai Joule, cioè l’energia sviluppata?
Un oggetto da cinque chili può essere pesante o leggero in funzione di come lo usiamo. Basta pensare ad un esperimento mentale, come il lasciar cadere una damigiana da cinque chili dal quinto piano di un palazzo. Cosa potrebbe succedere all’ignaro passante che la riceve in testa?
Altro problema di definizione è quello di aeromobile. Sempre per tenere un parallelo tra bioetica e tecno-etica, l’inclusione dei droni all’interno del codice della navigazione equiparandoli ad aerei crea una strana situazione. Nel nostro ordinamento, l’embrione è considerato persona, ma poi è stata mantenuta allo stesso tempo la possibilità di abortire, lasciando il filosofo di fronte al quesito “se una cosa è persona e quindi intangibile, come mai dopo qualche mese lo si può sopprimere a piacimento?”. Senza entrare nel merito della liceità morale o meno dell’aborto, il problema si pone a livello di norme incongruenti presenti nello stesso ordinamento giuridico.
Qualcosa di simile avviene in aviazione, dove un drone molto piccolo rientra all’interno della categoria di aeromobile, un velivolo VDS (volo da diporto o sportivo) invece non è considerato giuridicamente aeromobile secondo l’art. 743 del codice della navigazione.
Tutto ciò ha degli effetti di tipo legale che non sono di secondo piano.
Infatti, le associazioni di costruttori ed utilizzatori di droni lamentano a proposito una non proporzionalità della pena, che a loro dire non è commisurata al tipo di illecito. Tuttavia, un avvocato del diavolo potrebbe obiettare che sebbene i medici operino a fin di bene, le conseguenze di loro atti sono giudicate in funzione del danno che provocano. Perché il medico, che svolge una attività ad alto contenuto di valore sociale, deve essere punito secondo legge e il pilota di drone no?
La contro-obiezione potrebbe argomentare che, come dicono gli inglesi, devil is in the detail, cioè è entrando nelle pieghe della normativa che si nota una certa discrasia delle norme. Un drone che precipita in un campo di grano, senza ferire nessuno e senza provocare danni, in linea teorica (poiché è considerato aeromobile) dovrebbe dare luogo ad un processo penale per disastro aviatorio e ogni tipo di condotta potenzialmente pericolosa si dovrebbe configurare come attentato alla sicurezza del volo.
La stessa cosa non avviene se precipita un ultraleggero (molto più grande e pesante di un drone) che vola secondo la normativa VDS.
Il tutto sembra originare da una troppo estesa analogia giuridica che accosta l’aereo alla nave (si applica il codice della navigazione) e il drone all’aereo. Quindi, per la proprietà transitiva, se l’aereo è simile alla nave e il drone simile all’aereo, di conseguenza il drone è simile alla nave. Questo sillogismo fallace ci fa intuire che una legislazione ad hoc è quanto mai necessaria.
Allo stesso modo, gli incidenti aeronautici che coinvolgono gli aeromobili dovrebbero essere investigati dall’Agenzia Nazionale Sicurezza Volo. Quindi droni sì, VDS no (questi ultimi sono lasciati all’indagine condotta dall’Aeroclub d’Italia). Difficoltà ulteriore, quella di determinare per quale motivo precipita un drone, che al momento non ha scatola nera, non è sotto controllo di controllori di volo, e che possiede una tecnologia molto variegata.
Affine alla problematica delle investigazioni aeronautiche è quella del reporting, cioè del rapporto compilato dagli operatori quando succedono eventi che avrebbero potuto creare dei pericoli per la navigazione o a cose e/o persone. Ebbene, gli esperti di sicurezza del volo sanno da molto tempo che a fronte di un incidente serio (accident) vi è una pletora di eventi che non sono diventati incidenti solo per caso. Tuttavia, la base dell’iceberg di questi near miss è molto ampia e non possiamo pensare di fare prevenzione basandoci soltanto sui casi che sono terminati in disastri palesi. Quindi, occorre che questa base di eventi – che per noi rappresentano una lezione gratuita – sia portata a conoscenza di tutti gli utenti del sistema. Nel mondo dei professionisti dell’aviazione è usanza riportare qualsiasi problema potenziale. Tutto ciò si basa sul presupposto che nessun pilota, nessun controllore vivrà abbastanza per fare tutti gli errori possibili. Occorre perciò basarsi sugli errori degli altri e per fare ciò occorre “scambiarsi le figurine”, vale a dire mettere gli altri al corrente dei propri errori affinché anche gli altri facciano lo stesso. Dall’analisi degli errori emerge la cultura della prevenzione che ha reso l’industria aeronautica la più sicura nel panorama dei trasporti.
Diverso invece è l’operatore di droni che non ha la cultura di base del riporto operativo, in primo luogo perché la comunità di utenti non è strutturata, in secondo luogo non vede l’attività volativa come primaria nella propria vita, ed infine perché generalmente vi è poca standardizzazione dei modelli di droni che rendono le informazioni non sempre utili ed applicabili nel proprio caso. A fronte di pochi tipi di aerei di linea o di aviazione generale, esistono una miriade di tipi di droni diversi, utilizzati con metodologie e finalità diverse.
Altro elemento che è emerso è come distinguere i vari livelli operativi, in termini di rischi, responsabilità, protezione del bene pubblico.
Ad esempio, è in via di definizione l’istituzione del transponder obbligatorio in modo che si possa ricostruire tipologia, classe di operazioni e appartenenza del drone.
Il problema in questo caso, non è quello di riuscire ad identificare un oggetto (anche dotandolo di codice a barre), ma di rendere effettiva ed efficace la sanzione. Una volta identificato un drone, come possiamo risalire al suo proprietario, o ancora meglio all’operatore che lo sta pilotando?
Tra l’altro, nella normativa ENAC è presente la dicitura VLOS (Visual Line of Sight) cioè comandare un drone tenendolo sempre in vista. Non si specifica però se l’operatore debba stare fermo o si possa muovere. Ciò darebbe un ulteriore livello di complessità al controllo dell’autorità, poiché si potrebbe pilotare un drone stando seduto in una macchina. L’autorità di pubblica sicurezza chiamata a vigilare, cosa potrebbe fare in questi casi? Può abbatterlo fisicamente, oppure intervenire attraverso la saturazione delle frequenze, o usando dei droni-caccia che possano catturarlo con una rete (tecnologia già presente in Francia)?
Più sensato sarebbe dotare il drone di un paracadute balistico in modo che se si perde involontariamente il controllo esso venga a terra in modo controllato e non pericoloso.
Un ulteriore livello di discussione si è aperto inoltre sul campo della privacy. La privacy come può essere protetta? Si possono abbattere droni sul proprio terreno[1]? Che tipo di contenzioso può emergere tra chi ha un drone abbattuto e chi invece vuole difendere la sua privacy (è legittima difesa?).
Su questi ultimi ed altri aspetti legali si è soffermato l’Avv. Fabrizio Bruni
il quale ha sostenuto che il settore è regolato da un sistema di norme assolutamente non esaustive, ancorché di recente formazione, in un quadro normativo/regolamentare attualmente in piena evoluzione.
Gli aspetti giuridico/normativi inerenti l’uso dei c.d. dispositivi APR, come, ad esempio, i profili di responsabilità dell’operatore e/o del pilota APR, il rispetto della normativa sulla privacy, l’ambito assicurativo ed il sistema sanzionatorio sono in fase di sviluppo. Basti pensare alle coperture dei rischi che attualmente prevedono esclusivamente la tutela dei terzi e non quella dell’operatore.
In considerazione delle criticità insite del settore e della continua evoluzione della tecnologia, e connesse al suo sviluppo, l’Enac, in quanto Autorità deputata alla regolamentazione in materia ed all’attuazione delle normative comunitarie ed internazionali recepite in Italia, sempre nel rispetto delle norme domestiche di diritto civile e penale, dovrà implementare il quadro giuridico di riferimento, con necessità di soffermarsi, in particolare, sugli aspetti di “safety” e “security” che rappresentano certamente gli elementi di primario rilievo.
L’avvocato Bruni ha inoltre sottolineato il concetto di privacy by design e privacy by default, che permetterebbe di limitare il potenziale invasivo della tecnologia nella nostra vita.
Dal punto di vista della responsabilità civile, ad esempio, occorre stabilire in modo certo che tipo di assicurazione è prevista per i droni, se essa sia obbligatoria, facoltativa, soggetta ad una valutazione del rischio che a sua volta dipende dal fatto di svolgere operazioni in un ambito incerto. Infatti, se stiamo volando con un aereo di linea, possiamo stabilire con una ragionevole certezza il livello di rischio, poiché ci muoviamo all’interno di un ambiente altamente controllato (certificazioni, manutenzioni, controlli dell’ente regolatore, regolazione del traffico aereo affidato a dei professionisti, addestramento e controllo strutturato dei piloti, e così via). Tutti ciò può farci misurare in un certo senso quale l’aspettativa di rischio in un sistema. Nel caso dei droni, ci muoviamo in ambiente sempre diversi, con un’eterogeneità dei mezzi volanti, alcuni auto-prodotti, altri comprati all’estero, pilotati per via remota da persone che non devono sostenere né addestramenti ricorrenti né esami valutativi. Tra l’altro lo spazio aereo non è controllato, risente di interferenze non sempre quantificabili (in un aeroporto ci sono bollettini meteo che rispondono a dei criteri di classificazione, mentre in una pizza del paese possono esserci perturbazioni varie come riscaldamenti di caldaie, correnti di aria sviluppatesi negli anfratti dei palazzi, oltre a uccelli, fili elettrici e così via)
Anche il fatto di far dipendere dal peso la normativa appare un criterio insufficiente, poiché come ricordato ciò che conta è l’energia sviluppata e non il peso da fermo. Un oggetto che cade da cento metri, anche se pesa poco, una volta che arriva a terra sviluppa l’energia di un’automobile in corsa con tutte le conseguenze del caso.
Gli interventi dell’ on. Basilio Catanoso e dell’ on. Paolo Nicolò Romano
Sono intervenuti successivamente l’On.le Francesco Catanoso Genoese detto Basilio e l’On.le Paolo Nicolò Romano porgendo un saluto ai presenti ed illustrando le rispettive proposte di legge relative alla regolamentazione, costruzione e circolazione dei mezzi aerei a pilotaggio remoto ( vedi la proposta di legge CATANOSO e la proposta di legge ROMANO ).
Entrambi hanno sottolineato l’esigenza che venga costituito un sistema di registrazione e di identificazione dei droni, ad esclusione di quelli giocattolo, nonché una regolamentazione maggiormente ancorata all’impiego operativo del drone che non al suo peso.
In particolare l’On.le Catanoso Genoese ha sottolineato che la sua proposta legislativa intende bilanciare esigenze dell’industria, protezione dei cittadini, prevenzione contro attacchi terroristici e sviluppo economico derivante dall’utilizzo di queste tecnologie.
L’On.le Paolo Nicolò Romano ha manifestato, al di là delle proposte specifiche, un atteggiamento positivo, fatto di studio del problema, ideazione di proposte e chiarezza degli obiettivi. Alcuni punti fondamentali toccati dalla sua relazione fanno ben sperare che vi possa essere un buon bilanciamento tra tutte le esigenze degli stakeholders coinvolti.
L’INTERVENTO DI PAOLO MARRAS – ASSORPAS
A temperare l’intervento dell’autorità aeronautica è servito il discorso dell’ Ing. Marras, che rappresenta l’associazionismo degli operatori riconosciuti a livello di attività commerciale, Assorpass.
Il punto di vista dell’industria è sostanzialmente diverso da quello dell’Autorità, perché si basa su tempi e necessità che hanno passi diversi. È stato istituito ad esempio, l’Osservatorio sul regolamento ENAC da parte di questa associazione di costruttori di piccoli droni, che rileva come il mercato dei droni sia in contrazione. Un dato molto discordanti riguarda il giro di affari, che l’ISTAT stima in 350 milioni, mentre in realtà è un decimo.
Altro dato preoccupante è che ENAC ha una lista di 1300 operatori, ma risultano solo ottocento polizze contratte per operatori di droni. Ci sono moltissimi abusivi che lavorano con droni e sono la maggioranza. In questo, concordano le opinioni di industria e autorità nazionale poiché il dato sembra coerente considerata la difficoltà di enforcement su chi viola le norme e quando le associazioni riconosciute denunciano operazioni abusive, le autorità di pubblica sicurezza non sanno che fare perché non hanno competenze.
Un aspetto molto critico portato all’attenzione da parte dell’industria è la lentezza burocratica. Oggi, ci vogliono sei-sette settimane, per ottenere le autorizzazioni per operare su uno spazio aereo, indipendentemente dal fatto che sia volo critico o meno.
Ha seguito poi la relazione dell’Ing. Michele Nava che (unitamente all’Ing.Francesco De Angelis)
ha sottolineato che il problema cruciale è tuttavia l’individuazione del corretto trade-off tra le esigenze dell’accessibilità, in termini di tecnologia usata, e quella di poter sempre garantire in primis la sicurezza e in secondo luogo la qualità dei dati raccolti.
Questo trade-off non implica una soluzione singola, ma indirizza semmai verso soluzioni diversificate in relazione alla scala delle ricognizioni da svolgere, al loro specifico contesto e agli obiettivi di ogni ricerca ponendo attenzione agli aspetti connessi alla field deployability, cioè all’effettiva utilizzabilità sul campo dei micro droni negli scenari di interesse nonché alla capacità operativa dei droni di produrre dati sostanzialmente utili alla ricerca.
Ha concluso il ciclo delle relazioni il dott. Damiano Taurino
che incentrato la sua relazione sulle opportunità e gli ostacoli posti dall’attuale normativa (e sue possibili evoluzioni) visti dal settore della ricerca, con particolare riferimento alle PMI innovative.
Il convegno è poi proseguito con interventi dalla platea che hanno di volta in volta evidenziato come vi sia un’alta probabilità di usi illeciti di questi mezzi, di spingere molto sulla formazione delle persone chiamate ad operare i droni, di divulgare una corretta cultura della sicurezza già a livello della formazione di base.
Gen Rossi
Tra gli interventi che hanno riscosso più interesse vi è stato quello del Sottosegretario di Stato alla Difesa Gen. On. Domenico Rossi, che ha evidenziato come ormai in campo militare vi sia quasi una necessità imprescindibile di utilizzare i droni, per operazioni di pattugliamento, di rescue, di attacco verso postazioni nemiche difficilmente attaccabili. La sua disponibilità a cogliere qualsiasi tipo di suggerimento e di informazione circa lo sviluppo della tecnologia allo stato attuale fa intuire un interesse delle istituzioni verso questo fenomeno.
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In conclusione, il convegno è servito non tanto a dare risposte, quanto ad evidenziare correttamente quali tipo di problematiche si nascondono dietro l’utilizzo spesso superficiale di questa nuova tecnologia.
In particolare evidenza è apparsa la necessità di stabilire un raccordo tra esigenze tecniche regolatorie, esigenze di mercato, esigenze di formazione di una coscienza della popolazione, esigenze di controllo della Polizia, esigenze di garantire sicurezza dati e privacy ai cittadini, attraverso una commissione interministeriale supportata da esperti
Solo impostando correttamente il problema si può sperare di fornire le giuste risposte che i cittadini, gli operatori, gli imprenditori, le associazioni, i professionisti, gli studiosi e il regolatore si aspettano.
[1] Vi sono stati dei casi negli USA dove sono stati citati in giudizio delle persone che avevano abbattuto con un fucile il drone che volava nella propria tenuta. La giurisprudenza in materia non è ancora chiara.
Articolo basato sul resoconto del Centro Studi Stasa
fonte
http://www.quadricottero.com/2016/05/la-targhetta-di-identificazione-dei.html